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Alle due meno cinque entrai nella centrale della Gestapo a Morzinplatz. Dopo aver consegnato l’avviso di citazione, un agente delle SS mi disse di seguirlo. Fummo annunciati e fatti entrare da un segretario. «Un nuovo arrivo, dottore!». Scattando sull’attenti, l’agente consegnò il mio foglio e subito si dileguò.

Rimasi là davanti a lui e aspettai per molti minuti. Ma non succedeva niente.

Iniziai a diventare sempre più nervoso, sebbene avessi capito che la sua tattica mirava a snervarmi. Tutto a un tratto ripose la stilografica e mi guardò fisso con gli occhi di ghiaccio: «Sei un finocchio, un omosessuale, lo ammetti?»

Poi fui sottoposto a un’accurata ed estremamente umiliante perquisizione: non solo dovetti svestirmi completamente, ma mi fecero anche piegare. Poi mi dissero di rivestirmi; quindi mi portarono in una cella singola che però era già occupata da due uomini. Si trattava di due criminali.

Quando vennero a sapere che ero “uno di quelli”, come un guardiano disse loro sogghignando, mi fecero subito delle proposte esplecite, che però rifiutai indignato. Allora iniziarono a offendere me e “tutta la schiatta dei froci”, che meritava solo di essere distrutta; anche se avevano problemi con la legge, dopo tutto erano uomini normali e non dei depravati. Continuarono ancora un bel po’ a insultare me e i miei simili, ribadendo sempre che loro, in confronto a quei “porci dei froci”, erano veri uomini d’onore. Ad ascoltarli sembrava che fossi stato io a far loro delle proposte, anziché il contrario.

In realtà, fin dalla prima notte, scoprii che avevano rapporti sessuali e questo senza curarsi del fatto che potevo necessariamente vedere e sentire tutto. Ma secondo loro, che si definivano “normali”, si trattava solo di una pratica compensatoria e non di un rapporto omosessuale. Come se questa esperienza sessuale potesse essere giudicata normale o anormale a seconda dei casi.

Più tardi dovetti purtroppo rendermi conto che non erano solo i due criminali nella mia cella a pensarla così, ma quasi tutti i “normali“. Ancora oggi mi chiedo: quali sono gli impulsi normali e quali quelli anormali? Esiste una fame normale e anormale? Una sete normale e una anormale? Ma non è la fame semplicemente fame e la sete sete? Com’è ipocrita e illogico il modo di pensare che è alla base di questa distinzione.

Dopo solo due settimane fui processato: la giustizia dimostrò un’insolita sollecitudine nell’occuparsi del mio caso. Secondo il Paragrafo 175 della legislazione tedesca, adottato anche in Austria, fui condannato da un tribunale austriaco a sei mesi di carcere, per presunte pratiche omosessuali ripetute. La pena fu inasprita con un giorno di digiuno al mese.

Per scontare la mia condanna venni affidato al primo tribunale di Vienna. Anche qui mi sottoposero alla stessa procedura della perquisizione come nella cella di sicurezza, dopo di che mi trasferirono in una cella di isolamento. Dopo solo due giorni mi assegnarono al servizio di lavoro nel mio piano, divenni un “faci” (da factotum) che nel gergo carcerario designava il detenuto che assisteva i secondini.

Attraverso i numerosi contatti con i detenuti politici, gli ebrei, i criminali comuni e i miei compagni di sventura imparai molto sulla miseria e le sofferenze dei singoli (che fino a quel momento ignoravo): questo mi rese più maturo e più forte e mi aiutò a sopportare i tormenti nel lager.

Scontata la mia condanna, mi dissero che dovevo essere di nuovo arrestato per ragioni di sicurezza. Fui tradotto in un campo di concentramento insieme ad altri detenuti.

Fu un colpo terribile per me, perché sapevo da altri detenuti tornati in carcere a Vienna per un processo che nei campi di concentramento i “finocchi” come me, così con il ebrei, venivano torturati e presumibilmente ben pochi di loro sarebbero ritornati. Ma allora non potevo o non volevo credere a queste voci: pensavo che si trattasse di esagerazioni e di descrizioni eccessivamente lugubri, fatte al fine di inquietarmi. Purtroppo si sarebbero rivelate vere.

Del resto, cosa avevo fatto per dovere espiare a quel modo? Ero così depravato, un così pericoloso sovversivo? Avevo amato un amico, un uomo, non un minorenne, ma un adulto di ventiquattro anni! Non riuscivo a trovare in ciò niente di terribile o di immorale. Che razza di persona pretende di ordinare a un uomo adulto come e chi può amare?


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